L'apparizione del ragazzo della via Gluck nel febbraio 1966 al sedicesimo festival di Sanremo fu più veloce di un lampo. Bocciata dalla giuria la sera stessa del debutto, la canzone di Adriano Celentano conobbe viceversa un immediato successo di pubblico, diventando negli anni uno dei pezzi più celebri, celebrati e omaggiati (Gaber, Hardy, Ramazzoti, Evora) del pop italiano.
Poche settimane dopo l'uscita del 45 giri, il 23 febbraio del 1966, Antonio Cederna gli dedicava un ampio articolo su Il Mondo, Urbanistica e canzoni. L'attenzione di Cederna, già allora impegnato da oltre un decennio nella denuncia circostanziata della distruzione del verde nelle città italiane ("I vandali in casa" data 1956), si appunta sull' "esattezza per così dire sociologica" della ballata, che descrive una situazione di pre-boom edilizio, e sul suo forte carattere di denuncia. Il ragazzo della via Gluck non lascia i ghetti e le bidonville del primo dopoguerra, ma "una strada periferica di Milano, un tempo vicina alla campagna, oggi immersa nel generale squallore edilizio", "un'area semiurbana, nella quale il rapporto di profitti e perdite con la città è ancora abbastanza equilibrato". "In una società arretrata come la nostra che non ha saputo estendere gli stessi valori a tutta quanta l'area urbana", per lui, così come per l'amico che cerca di consolarlo, "la città è per antonomasia il centro tradizionale, dove è rappresentata la piramide dei valori economici e sociali...". Piange perché sa di "perdere alcune cose essenziali, i campi, il verde, l'erba, i prati", e "si consola con la prospettiva di poter tornare un giorno nella vecchia casa". Ma la speranza si rivela vana, una mera illusione: passano appena otto anni e "la casa in mezzo al verde chissà dove è andata a finire. "Dunque è successo quello che tutti quanti noi, abitanti suburbani, possiamo constatare: anche la periferia è diventata città, ma questa riproduce solo gli aspetti negativi della città e non offre niente di quanto la buona urbanistica garantisce alle espansioni edilizie di tutto il mondo. Le esigenze promosse dal benessere conquistato, le rivendicazioni del cittadino divenuto cosciente dei propri diritti, sono state sacrificate alle esigenze dei costruttori, speculatori, amministratori ignoranti, eccetera...." "Il merito di Adriano Celentano è quello di non aver ceduto al sentimentalismo per quello che c'era e non c'è più, il fatalismo da quattro soldi per cui tutta cambia e muta qua giù, e di aver invece dato voce e musica al risentimento popolare per le condizioni in cui tutti, e in particolare ragazzi e giovani, sono costretti a vivere nelle città, a trascinarsi nelle strade, fra il traffico e l'immondizia: alla coscienza dell'intollerabilità della situazione e all'urgenza di porvi rimedio".
Un'analisi che trova conferma cinquant'anni dopo in un'intervista rilasciata da Adriano Celentano a Dario Cresto-Dina su Repubblica: "... Scrissi la canzone anche per il dolore che provai quando, adolescente, fui costretto a lasciare la via Gluck per andare a vivere ‘in centro', per abitare tutti insieme a casa di mio fratello. Piangevo in continuazione e mia madre era disperata. Non sapeva cosa fare perché scappavo ogni giorno per tornare a piedi in via Gluck per ritrovare i miei amici, ma soprattutto la libertà, i prati e la felicità che per me esistevano solo in via Gluck. Questa canzone non è mai stata nostalgica ma una denuncia sociale".